UNA LITANIA di cadaveri punteggia tutta l' autobiografia che "Angiolino" ha tracciato nelle duecento pagine di verbale riempite finora. Dall' arrivo a Milano nei primi anni Settanta, piccolo banditello che si cimenta con le rapine, all' arresto del "pericolo pubblico" re della cocaina e delle bische. Con le rapine Epaminonda fece poca strada: "non valevano la pena, si rischiava per troppo poco", ha spiegato. Per tirare avanti passò al piccolo spaccio di cocaina, finchè, latitante, conobbe in una bisca Francis Turatello. "Faccia d' angelo" prese in simpatia quel ragazzotto sveglio, e "Angiolino" venne ammesso nell' organizzazione. L' esordio in affari fu segnato dall' apertura della bisca di via Cellini, che Epaminonda gestiva insieme con i fratelli Mirabella, detti "fratelli Cipudda", destinati a diventare i suoi più accesi rivali. Alla bisca di via Cellini è legata una coincidenza: a fare irruzione nel locale fu, il 20 aprile ' 80, il maresciallo della polizia Ennio Gregolin, finito ora in carcere per associazione mafiosa dopo il "pentimento" di Epaminonda.
I primi omicidi dei quali "Angiolino" ha parlato risalgono agli anni in cui Turatello era ancora il capo indiscusso. Come quello di Lia Zennari, ex compagna di "Faccia d' angelo", che voleva portargli via il figlio. Venne uccisa il 16 gennaio 1978, insieme con un amico. O ancora la "strage di Desio": quattro malavitosi rapiti, interrogati e torturati, trasportati in furgone fino al prato dove vennero abbattuti. L' inizio della guerra fra Epaminonda e Turatello è segnata dall' omicidio dell' avvocato Francesco Calafiori, legale di "Faccia d' angelo", ucciso per mandare un segnale al capo che stava in galera. Sanguinosa fu poi la lotta fra "Angiolino" e i fratelli "Cipudda", due dei quali vennero uccisi dai killer di Epaminonda (Rosario a Milano, Gianni a Grottaminarda), mentre uno cadde in una sparatoria con la polizia. Ma il periodo più fosco del "regno" di Epaminonda cominciò quando da boss delle bische "Angiolino" si trasformò in grande trafficante di cocaina. Le sue case da gioco vennero smantellate una ad una dalla polizia: Epaminonda venne costretto alla latitanza, e per reggere la situazione si buttò nel giro grosso della coca, 25-30 chili al mese in arrivo dal Sudamerica. La lotta per il controllo del traffico rese ancora più sanguinoso il bilancio delle vittime. E mentre i suoi killer seminavano cadaveri di avversari per le strade di Milano, Epaminonda dava l' assalto al gioco clandestino sulla riviera. Rimini e Riccione, dove d' inverno si gioca forte, furono conquistate "convincendo" i rivali a sloggiare, e uccidendone due. L' ultimo omicidio confessato da Epaminonda è appunto quello di Calogero Lombardo, assassinato a Rimini il 26 giugno ' 84.